Spesso impegniamo molte energie per porre dei cambiamenti nella nostra vita. Eppure, a volte un cambiamento ardentemente desiderato pare vanificarsi, a causa della nostalgia per lo stato precedente.
Il percorso fatto viene apparentemente “dimenticato”, nel tentativo della mente di ripristinare l’ordine costituito attraverso il rimuginare tipico del dialogo interno:
“…stavo meglio prima…”
“…almeno c’era lui/lei…”
“…almeno non sapevo…”
“…almeno non ero solo/a…”
“…almeno avevo un lavoro…”
E così via: la nostra testa è piena di desideri, che a volte sembrano essere in contraddizione fra loro.
Quando ci impegnano per adattarci a nuove circostanze, lavorando per produrre cambiamenti sostanziali, acquisiamo un modo diverso di vivere; eppure, a volte sembra che la nostra mente desideri il vecchio divano logoro e sformato, dove sedeva tanto rassicurata, a quello nuovo di zecca.
Ci sono momenti in cui la mente sembra tendere ad approvare solo ciò che conosce, anche se ci fa stare male, preferendo la posizione conosciuta (comfort zone) all’azione quotidiana verso l’ignoto in divenire.
Cosa fare?
Assolutamente nulla.
La buona notizia è che il cambiamento desiderato, una volta raggiunto, non si perde: non si torna indietro: se abbiamo appreso nuove abitudini, con un diverso tipo di sguardo sul mondo, se ci siamo addestrati al ben-essere non perché ce lo raccontiamo, ma perché ne abbiamo fatto esperienza a livello corporeo, nulla sparisce. Il corpo lo ricorda e, al momento opportuno, farà in modo che la mente vi si allinei. La fiducia nel processo che ha permesso il cambiamento agevolerà il tutto.
Se sei in un momento di stallo, e hai l’impressione di “calma piatta”, resta in ascolto.
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