Propongo oggi, testo ed immagine, di un post pubblicato su fb, nel 2019, a firma della scrittrice Alicia Dan.
Racconta, a mio parere molto bene, l’esperienza della zona comfort.
Lo fa in prima persona, come tutte le riflessioni poetiche che scrive e che condivide in quello spazio virtuale, rispetto al processo della sua esperienza.
Attraverso la cura delle parole, con un linguaggio schietto e lieve, arriva al cuore…
“Nella nostra zona comfort c’è tutto quello che ci basta
poiché quello che ci serve … è in pausa, al di fuori.
Nella bolla è vietato entrare per chiunque,
“perché ce la facciamo da soli!”
“perché non abbiamo bisogno di nessuno!”
Quel tempo in cui ci siamo lasciati andare agli altri
e al mondo,
quegli altri e quel mondo, in qualche maniera,
ci han fatto sentire sfruttati,
ci han colpito alle spalle;
e tutto quello che ci ha inaspettatamente inondato
è sembrato così ingiusto,
così insopportabile,
al punto tale da indurci a iper proteggerci,
a chiudere tutte le serrature a chiave,
a costruire una bolla intorno a noi fatta di vetro antiproiettile,
fatta di isolamento,
di rassicurante ripetitività.
Ci siam fatti bastare il poco spazio della bolla,
ci siam accontentati della poca aria a disposizione,
abbiamo approvato la legge del dolore.
Nella zona comfort si sta bene fintanto la cura della preclusione sazi a sufficienza il rifiuto.
Dentro alla bolla però la stasi prolungata, giungerà a stancare,
a immiserire, deteriorare l’anima.
La cosa migliore da fare gradualmente è creare una sottile crepa,
una piccola apertura volta all’aspirazione di aria nuova,
di rivalutazione del mondo,
di propositi,
fame e sete della vita,
fame e sete dell’inesplorato,
di tutta quella realtà inedita,
che in fondo “una piccola bolla di soccorso” … non può contenere!” (Alicia Dan)
