Post-riflessione

Spesso nei miei post, direttamente o indirettamente invio messaggi sull’unicità:
-“Sei unico”, “sei originale”, ecc.

Lo ritengo vero; tuttavia, il rischio che corro in post a volte necessariamente brevi e con immagini evocative, può essere quello di rendere il messaggio semplicistico e fuorviante

Mi spiego, il rischio che intravedo è di contribuire a rafforzare una immagine di
Unico = speciale che giustifica una narrazione viziata dalla voglia di aderire ad immagini falsate da schemi sociali.

Parlare di unicità significa che si, sei un essere unico e irripetibile, hai una storia unica e irripetibile… tuttavia, le tue difficoltà, i tuoi problemi, non sono “speciali”.

I tuoi problemi sono simili ai miei e a quelli di milioni di persone  che hanno la fortuna di vivere dalla parte “giusta” del pianeta.

La tua storia è unica e allo stesso tempo non  è più speciale di quella altri.
Le tue idee sono importanti e vere e, allo stesso tempo, non lo sono per tutti.

Il tuo punto di vista è soltanto il tuo punto di vista.

Ecco, se potessimo riflettere un attimo su questo, forse potremmo veramente affrontare il cambiamento che desideriamo nella vita.
Leggo (e scrivo io stessa) post in cui il rischio è che l’unicità si scambi per inamovibilita’.

Quello che penso, agisco, vivo è speciale: quindi diventa inamovibile non condivisibile, non modificabile.

Oggi vorrei dire questo:

Non siamo speciali.
Siamo unici.
Siamo distinti e non separati.
In modo totalmente unico rispondiamo a quello che ci accade, decidendo come farlo e, allo stesso tempo, la nostra modalità coinvolge  altri.

L’esperienza che faccio non è speciale, anche  se unica per me.
(Immagino che ritenerci sempre speciali sia un modo per narrare la nostra storia, riscattandola dell’oblio).

È qualcosa che accade in modo diverso ad altre milioni di persone.
Questo, secondo me, è il principio di non-giudizio e di accettazione profonda, verso noi stessi e verso gli altri. È il principio della comunicazione efficace e non violenta che parte sempre dalla prima persona singolare: Io

Io penso, io dico, io immagino, io credo, io sono, ecc.

Io credo che sia una salvezza non essere speciali ma solo unici.
L’Io non puo’ essere la misura di tutte le cose.

Prendere consapevolezza di questo significa liberarsi da uno stato di vittima degli eventi, dalle aspettative di altri.

Sono unica, quindi libera di produrre un grande cambiamento nella mia storia e di assumermi le responsabilità in linea con la mia unicità rispondendo ad una unione universale con altri esseri viventi.

Questo permette di connettersi tramite  l’empatia e il ridimensionamento di un ego ipertrofico che si narra sempre uguale,
con un protagonista che non  lascia spazio allo storytelling.

Riconoscermi semplicemente unica mi avvicina alla mia autenticità.

L’autenticità è la parte di me che oggi permette la morte e la rinascita, dall’ego al Sé.

Il pensiero va alle milioni di persone in Afghanistan: uomini, donne, bambini e bambine che, mentre sto ragionando dei significati delle parole, loro stanno morendo per aver difeso la loro libertà di esistere come esseri unici.

Foto dal web

Reiki, non solo come pensi.

Il Reiki lo potrei spiegare con “parole di altri” tuttavia, ritengo che oggi per fare il punto,  sia necessario scrivere le mie.

 Ho incontrato il primo livello Reiki metodo Dott. Usui facilmente infatti, mi è bastato imbattermi per “caso” in un post  sul web.

Non sapevo niente della pratica, solo un richiamo forte a provare.
Una grande curiosità.

Ho ricevuto il primo livello nel 2017 dai Master Ulisse e Silvia. In seguito, dopo l’iniziale entusiasmo, sono arrivati tanti dubbi ed ostacoli da superare.
Resistevo, malgrado sentissi il Reiki
in perfetta armonia con chi ero.

Per un po’ ho abbandonato, poi è stato un percorso ad ostacoli tra scegliere e  ri-scegliere.

 Molta, molta pratica quotidiana.
Troppe domande, poche risposte.

 Per me era difficile superare la soglia del mio piccolo mondo, fatto di certezze, per uscire verso l’ignoto.

Come un vaso troppo pieno trovavo  impegnativo integrare aspetti personali e professionali che mi appartenevano come cultura ed educazione.

 
Tutto si presentava molto più grande di me. Altro non sapevo.

È stato necessario attendere e desiderare molto.

Fino a che,  per conoscere la direzione, mi sono arresa all’ignoranza socratica.
Sapere di non sapere.

Foto dal web

Allora le domande hanno lasciato il posto all’esperienza.

Che cosa ha portato il Reiki alla mia vita?

Benessere, centratura, maggiore chiarezza di intenti.

La certezza che Tutto è in tutti,
che il dolore più grande è compreso dal Tutto e che, non sono mai separata da nulla anche quando mi sento sola.
Che la via da seguire non è segnata perché è mio compito farlo per me.

La fatica è diventata gioia.
La presenza, ordine.
La voglia d’apprendere cresce.

Tante figure sostengono il mio percorso penso alla mia master Reiki Alessia capace di pungolarmi al momento giusto, penso alla professionista che segue da anni la mia crescita personale oppure, al mio supervisore professionale, figure che, in modo diverso, accompagnano una lunga gestazione, per la milionesima ri – nascita in codesta vita.

Non siamo isole e non siamo isolati. Abbiamo necessità di essere sostenuti, abbiamo bisogno di relazioni, prima fra tutti quella con il nostro interno, con la parte spirituale che alberga dentro ognuno e che qualche volta si tende ad evitare.

Crescere è un ciclo continuo di vita, morte, vita. Connessione tra un respiro che inizia e uno che muore.
Presenza quotidiana alla vita che si svolge.

 Se lo senti nel corpo lo ricordi.
Se lo ricordi, tutto cambia.
Se tutto cambia, provi gratitudine per il momento presente, qualunque esso sia, perché ora c’è e poi non più e, quando ti pare persistere, fai caso che non è mai uguale all’attimo precedente.

Se vuoi portare salute ed equilibrio nella tua vita e vuoi farlo attraverso la magia, il Reiki non fa per te.

Il Reiki  è esperienza profonda del tuo essere, non solo come pensi di essere.
 È la possibilità di cambiare narrazione aprendo gli occhi da dentro.
 È incontrare ogni parte oscura con una lampada tra le mani.

Se vuoi ti accompagno.

Ikigai: consapevolezza e presenza

Caro amico, cara amica che mi leggi come stai?

Forse stai godendo le ferie, oppure sei ancora sul posto di lavoro, oppure hai finito le vacanze e sei rientrato/a.
In ogni caso, COME STAI?

In genere rispondiamo frettolosamente tipo: bene, male, boh…oppure, chiediamo una domanda di riserva…

A questo proposito mi vengono in mente le 5 domande di Fritz Perls.

Ma prima devo dirti brevemente chi è?

 Friedrich Salomon Perls, meglio conosciuto come Fritz Perls, è stato un medico, psichiatra e psicoanalista tedesco considerato il padre della Terapia della Gestalt.
“Gestalt” è una parola tedesca che significa “totalità”, “struttura”, “configurazione”, “insieme”. Noi siamo una “gestalt” perché siamo fatti di pensieri, emozioni, sensazioni e tanto altro. Abbiamo, inoltre, nel nostro interno, altre “gestalt”, configurazioni e sotto-aspetti della nostra personalità.Può essere definita come una corrente che mette particolare enfasi sul modo in cui i soggetti sperimentano la propria realtà, più che sui fatti vissuti. Non mira a quel che succede ad un individuo, bensì al modo in cui lo percepisce. In altre parole, si concentra sui processi e non sui contenuti.( dal web)

Fritz Perls è stato un uomo difficile e contraddittorio che ha fatto delle sue contraddizioni una forza…

“Cosa fa”, “cosa sente”, “cosa vuole”, “cosa evita”, “cosa si aspetta”

Con queste cinque domande Perls intende centrare la persona nel momento presente.

In che modo?

📌Enfatizzando il qui e ora.
📌La presa di coscienza, per accedere ad un benessere superiore.
📌L’assunzione della responsabilità verso la propria vita.

 Attraverso una riflessione approfondita di quello che accade, nel momento presente, la persona è in grado di notare la nascita di nuovi bisogni e, attraverso un processo di consapevolezza, di prendersene cura.

Autonomia e potenzialità sono gli aspetti su cui si fonda la Gestalt che è applicabile sia a contesti personali, sociali che  lavorativi.

E’ un vero e proprio risveglio che parte da dentro.
Evitando di gettare sull’altro le proprie responsabilità si giunge ad una esistenza piena. Qui e Ora.

Come Counselor posso accompagnare alla scoperta di questi stadi corporei, più che mentali,  che attivano la persona,  ad orientarsi verso la totale pienezza di senso, verso la ricerca del proprio Ikigai.

Ikigai (生き甲斐) è una parola giapponese che si riferisce ad avere uno scopo nella propria vita, ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Una vocazione, una missione.

Cosa stai facendo?
Cosa stai sentendo?
Cosa vuoi?
Cosa stai evitando?
Cosa ti aspetti?

Ora dimmi, COME STAI?

Per approfondire:


F.Perls- La terapia gestaltica parola per parola.-
F. Perls- Qui e Ora, psicoterapia autobiografica-

F.Perls, R. Goodman, R.F.Hefferline -Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento della personalità umana.-

Bettina Felici – Ikigai: il metodo giapponese. Trovare il senso della vita per essere felici.-

Proverbio cinese

Recita un proverbio cinese:

Se vuoi cambiare il mondo inizia dal tuo paese.

Se vuoi cambiare il tuo paese inizia dal tuo villaggio.

Se vuoi cambiare il tuo villaggio inizia dalla tua casa.

Se vuoi cambiare la tua casa inizia a cambiare tu.

Parole altre

Parole altre…
Sulla paura (Ecktar Tolle)

«La paura sembra avere molte cause. Paura della perdita, paura del fallimento, paura di essere offesi e così via, ma in definitiva ogni paura è la paura che l’ego ha della morte, dell’annullamento. Per l’ego, la morte è sempre dietro l’angolo. In questo stato identificato con la mente, la paura della morte influenza ogni aspetto della vita. Per esempio, anche una cosa apparentemente banale e «normale» come il bisogno compulsivo di avere ragione in un litigio e dimostrare che l’altra persona ha torto (difendendo la posizione mentale con cui ci si è identificati) è dovuta alla paura della morte. Se voi vi identificate con una posizione mentale, allora se avete torto il vostro senso del sé basato sulla mente viene seriamente minacciato di annullamento. Per questo il vostro ego non può permettersi di avere torto. Avere torto significa, morire. Su questo si sono combattute guerre e si sono rotti innumerevoli rapporti personali.

Una volta che avete eliminato l’identificazione con la mente, il fatto di avere ragione o torto non fa alcuna differenza per il vostro senso del sé, per cui il bisogno compulsivo e profondamente inconsapevole di avere ragione, che è una forma di violenza, non esisterà più. Potete affermare chiaramente e con fermezza ciò che pensate o ciò di cui siete convinti, ma non vi sarà in questo alcuna difesa o aggressività. Il vostro senso del sé proverrà allora da un luogo più profondo e più vero dentro di voi, non dalla mente. State attenti ad ogni senso di difesa dentro di voi. Che cosa state difendendo? Un’identità illusoria, un’immagine nella vostra mente, un’entità fittizia. Rendendo consapevole questo schema, essendone testimoni, eliminate la vostra identificazione con esso. Alla luce della vostra consapevolezza, lo schema inconsapevole allora si dissolverà rapidamente. Questa è la fine di tutti i litigi e giochi di potere, che sono tanto corrosivi per i rapporti personali. Il potere sugli altri è debolezza mascherata da forza. Il vero potere è interiore ed è disponibile a ciascuno di voi ora.»

Eckhart Tolle-Il potere di Adesso-

Foto dal Web

Parole altre

“Sei forte perché non conti sulle tue forze ma sulle tue debolezze, sono loro la chiave per riconoscerti in ognuno, sono loro che ti danno l’attenzione di dove metti i piedi, le parole e le carezze.
Sei forte perché non dici mai – Perché proprio a me? – ma – Perché non a me? – , sapendo che se non era a te era a te lo stesso perché sulla pelle di qualcun altro sei comunque tu.
Sei forte perché non maledici nessuna strada, salita e discesa sono la stessa pendenza vista da occhi e sentimenti diversi.
Sei forte perché ti mantieni curiosa all’oltre e all’altrove ché c’è sempre qualcosa da sapere e scoprire; anche quando il passaggio non è battuto non ti fermi, tenendo per mano la corda dell’alto ti arrampichi, vai a vedere e ti presenti di persona davanti al sentito dire scoprendo ogni volta che non era una Primavera.
Sei forte perché non cerchi consensi ma il perdono di essere né donna né uomo né forte né debole, né roccia né fiore ma tutto insieme, a volte nel bene, altre nel male.
Sei forte perché prima di proseguire torni indietro a salutare chi devi proprio lasciar andare ché se c’è un prezzo da pagare nel fare il passo successivo, forse, è quello di perdere cose e persone per non perdere se stessi.
Sei forte perché non hai bussole, ti perdi, ti disorienti e segui solo la rotta del cuore nelle sue accellerazioni e nelle altrettante frenate gli resti ferma e fedele.
Sei forte perché sei talmente fragile che avresti potuto cedere mille volte,  ma invece no.
Sei forte perché anche se il pranzo non era buono tu ringrazi, perché sai che la non riconoscenza, poi, ti verrà servita a cena.
Fredda.
Sei forte perché tu prosegui, prosegui sempre.
Sei forte e sei bellissima.”


La Raccontadina-Francesca Pachetti-

I ponti che non attraversammo

Sono stata cresciuta, tra relazioni pericolanti e falsi piani, da

un’ instancabile.
costruttrice di ponti.

Io la guardavo e con la violenza verbale che solo le adolescenti ribelli sanno usare, le rinfacciavo di non avere il coraggio di superarli.

Mi ci è voluto un po’ per comprendere che il dono immenso che fanno i costruttori di ponti,  è quello di prepararli perché altri li attraversino.

 Non sono pavidi, sono consapevoli.

Avrei voluto dirle di pensare alla vita, alla sua.

Avrei voluto dirle di venire via con me.

Oggi, ogni volta che ne oltrepasso uno non posso fare a meno di provare ad immaginare la sua ingegneria emozionale, capace di superare ogni impedimento per costruire oltre il possibile.


Penso alla sua vita, alla mia e alle generazioni di prima e a quelle che verranno dopo.


Esseri, con la maestria di varcare ponti come portali, capaci di ritrovarsi oltre il visibile.

Grazie mamma.

“Tutto quello che voglio ora è pensare alla vita.
    Puoi venire con me, se vuoi…”
(Oscar Wilde)

Buone vacanze

Per questa estate
mi auguro di partire.

Un viaggio
lontano
profondo
onesto
splendido
dentro di me.

È l’unico, sai
che
per me
vale la pena fare.

Nessun altro posto
è capace di portarmi
lontano lontano
e poi
finalmente a casa.

Anche se
penso di avere

pochi mezzi a disposizione
e la linea all’orizzonte è storta
parto.
Respiro il mio respiro
vado.

Il viaggio sono io
e mi sto aspettando.

Emanuela

Parole altre

Abbi cura
di questo nuovo giorno
delle persone che incontrerai.
Fai amicizia con un fiore
un filo d’erba.
Con un profumo che ti faccia
chiudere gli occhi
e respirare più forte.
Prova a sentirti bene.
Mantieni la calma
e cura il mistero della vita
che ti è stata concessa.
Ieri è stata la notte che pensavi
non sarebbe passata mai.
Oggi può essere il giorno dei miracoli.
Quello che aspettavi da una vita.
Abbandona le guerre che non ti appartengono.
Impara dai libri a risplendere.
Gioca con l’acqua e osservala danzare.
Parla con un bambino. Ridi con lui.
Resta leggera
come ogni cosa importante, lo è.
L’Amore non è per tutti
ma tutti hanno bisogno d’Amare.
Cerca di non dimenticarlo
ma soprattutto
scegli con attenzione
da quale parte stare.
Trova l’equilibrio
che sia pace o che sia caos
non ha importanza, purché sia il tuo.
E quando sentirai il bisogno di impazzire, fallo
fallo con tutta te stessa.
Puntare alla felicità è un obiettivo
ma prima ancora, una promessa.
Testa sulle spalle e cuore a fior di pelle
sogna più che puoi
… vivi da ribelle.”

Andrew Faber