Quando scrivo intorno alla decrescita felice come percorso possibile di consapevolezza e felicità mi riferisco ad uno spostamento di focus che va dall’osservazione puntigliosa del proprio ombelico ,all’ampiezza di sguardo sull’intero panorama che include tutta la forma dell’esperienza personale.
Tutta.

Se così non fosse, secondo me, si rischierebbe di restare invischiati in un’immagine illusoria di sé dove ci si cristallizza, di nuovo, in un ruolo che va a braccetto con un’altra illusione, quella di essere finalmente “cresciuti”, gongolando dentro uno stato, mediamente raggiunto e gratificante per il nostro Io, che ha, tuttavia, bisogno di fagocitare ancora il Tu.
Io, Tu, Noi, nessuno cresce da solo, non parliamo poi di decrescere!
Nei percorsi di felicità lavoriamo per raggiungere obiettivi felici, nei percorsi di de-crescita felice si lavora sull’ essere felici…dentro.
La de-crescita, come percorso di consapevolezza, ha necessità di attraversare stati diversi di coscienza.

Ha bisogno di sperimentare un’energia diversa.
È un processo di ecologia della mente in cui scelgo, ad ogni respiro, di essere me insieme all’altro da me dove non ho bisogno di eliminarlo dal mio orizzonte per sperimentare la felicità dell’indipendenza.
Con la de-crescita si passa dal provare uno stato di empatia, per se stessi e l’altro, ad uno stato di compassione.

Il figlio, il compagno, la moglie, il marito o il datore di lavoro cessano di essere coloro che mi rendono la vita impossibile semplicemente perché quella dinamica non è più la mia.
Trovo la strada verso un’ autenticità in cui non ho più bisogno di: “essere come…”, “fare come…”, ” piacere a…” “Imitare chi…”
È la strada del sacrificio (nel senso di “rendere sacro”) dove posso semplicemente essere.
Punto.
La decrescita viene dopo la crescita.
