“Non ci sono primi della classe, né esperti, né Maestri, se non quelli che ti spingono a conoscere in prima persona, a ferirti e medicarti, e al massimo ti preparano bende e cerotti per quando sosti un momento e li guardi disperato negli occhi: la disperazione dei cani quando non capiscono i nostri comportamenti discontinui.
In ognuno di noi c’è un cane spaventato dalla discontinuità dell’esperienza.
Una buona pratica, preliminare a qualunque altra, è la pratica della meraviglia. Esercitarsi a non sapere e a meravigliarsi.
Guardarsi attorno e lasciar andare il concetto di albero, strada, casa, mare e guardare con sguardo che ignora il risaputo e vede ora.
La pratica della meraviglia è una pratica che cura anche il cuore piú ferito della terra. Si può andare a trovare un piccolissimo pezzo di prato, un pizzico di prato c’è sempre, anche in città. E guardare. A lungo. Si apre un universo minimo. Infinite vicende, mutamenti, arrivi, partenze, forme sempre piú piccole man mano che lo sguardo si limita a vedere. Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura”.
Chandra Livia Candiani- Questo immenso non sapere-
“Sei forte perché non conti sulle tue forze ma sulle tue debolezze, sono loro la chiave per riconoscerti in ognuno, sono loro che ti danno l’attenzione di dove metti i piedi, le parole e le carezze. Sei forte perché non dici mai – Perché proprio a me? – ma – Perché non a me? – , sapendo che se non era a te era a te lo stesso perché sulla pelle di qualcun altro sei comunque tu. Sei forte perché non maledici nessuna strada, salita e discesa sono la stessa pendenza vista da occhi e sentimenti diversi. Sei forte perché ti mantieni curiosa all’oltre e all’altrove ché c’è sempre qualcosa da sapere e scoprire; anche quando il passaggio non è battuto non ti fermi, tenendo per mano la corda dell’alto ti arrampichi, vai a vedere e ti presenti di persona davanti al sentito dire scoprendo ogni volta che non era una Primavera. Sei forte perché non cerchi consensi ma il perdono di essere né donna né uomo né forte né debole, né roccia né fiore ma tutto insieme, a volte nel bene, altre nel male. Sei forte perché prima di proseguire torni indietro a salutare chi devi proprio lasciar andare ché se c’è un prezzo da pagare nel fare il passo successivo, forse, è quello di perdere cose e persone per non perdere se stessi. Sei forte perché non hai bussole, ti perdi, ti disorienti e segui solo la rotta del cuore nelle sue accellerazioni e nelle altrettante frenate gli resti ferma e fedele. Sei forte perché sei talmente fragile che avresti potuto cedere mille volte, ma invece no. Sei forte perché anche se il pranzo non era buono tu ringrazi, perché sai che la non riconoscenza, poi, ti verrà servita a cena. Fredda. Sei forte perché tu prosegui, prosegui sempre. Sei forte e sei bellissima.”
Sono stata cresciuta, tra relazioni pericolanti e falsi piani, da
un’ instancabile. costruttrice di ponti.
Io la guardavo e con la violenza verbale che solo le adolescenti ribelli sanno usare, le rinfacciavo di non avere il coraggio di superarli.
Mi ci è voluto un po’ per comprendere che il dono immenso che fanno i costruttori di ponti, è quello di prepararli perché altri li attraversino.
Non sono pavidi, sono consapevoli.
Avrei voluto dirle di pensare alla vita, alla sua.
Avrei voluto dirle di venire via con me.
Oggi, ogni volta che ne oltrepasso uno non posso fare a meno di provare ad immaginare la sua ingegneria emozionale, capace di superare ogni impedimento per costruire oltre il possibile.
Penso alla sua vita, alla mia e alle generazioni di prima e a quelle che verranno dopo.
Esseri, con la maestria di varcare ponti come portali, capaci di ritrovarsi oltre il visibile.
Grazie mamma.
“Tutto quello che voglio ora è pensare alla vita. Puoi venire con me, se vuoi…” (Oscar Wilde)
“Abbi cura di questo nuovo giorno delle persone che incontrerai. Fai amicizia con un fiore un filo d’erba. Con un profumo che ti faccia chiudere gli occhi e respirare più forte. Prova a sentirti bene. Mantieni la calma e cura il mistero della vita che ti è stata concessa. Ieri è stata la notte che pensavi non sarebbe passata mai. Oggi può essere il giorno dei miracoli. Quello che aspettavi da una vita. Abbandona le guerre che non ti appartengono. Impara dai libri a risplendere. Gioca con l’acqua e osservala danzare. Parla con un bambino. Ridi con lui. Resta leggera come ogni cosa importante, lo è. L’Amore non è per tutti ma tutti hanno bisogno d’Amare. Cerca di non dimenticarlo ma soprattutto scegli con attenzione da quale parte stare. Trova l’equilibrio che sia pace o che sia caos non ha importanza, purché sia il tuo. E quando sentirai il bisogno di impazzire, fallo fallo con tutta te stessa. Puntare alla felicità è un obiettivo ma prima ancora, una promessa. Testa sulle spalle e cuore a fior di pelle sogna più che puoi … vivi da ribelle.”
“Mi capitava di ridere senza motivo in classe e la maestra, la signorina Piromallo, s’indispettiva tanto che un giorno mi disse che voleva parlare con “un adulto di casa”. Disse proprio così, e io le portai nonno che venne col cappello e se lo mise in grembo prima di disporsi all’ascolto di ciò che la maestra aveva da dire. Lei mi accusò, s’indignò, pretese scuse e pentimento. Lui annuì con la testa e poi le fece notare che il mandorlo del giardino della scuola era in fiore. “E cosa c’entra?” chiese la Piromallo. “Lei non trova strano che nonostante questo aprile piuttosto freddo il mandorlo sia fiorito lo stesso?” Rispose nonno continuando a guardare l’albero in boccio. “Affatto. È nella natura dell’albero fiorire in primavera e comunque non è così freddo da impedirlo. Siamo nella norma direi.” concluse lei con quella voce stridula che ancora ricordo. “Bene” disse nonno alzandosi e prendendomi per mano. “Anche il sorriso di mia nipote fiorisce nonostante il freddo che avverto qui dentro. Com’è giusto che faccia un’anima giovane che impara ad essere felice. Quindi direi che siamo nella norma. I miei ossequi signorina Piromallo”. Camminammo in silenzio fino a casa, poi sulla porta nonno mi fece promettere di non addormentarmi mai senza aver sorriso almeno dieci volte al giorno. E io glielo promisi.”
La pandemia ci ha costretti a contattare l’una e l’altro e a sentirne la differenza nel corpo.
Quando sono sola con me stessa il corpo riposa e il respiro è regolare, quando arriva l’isolamento il respiro mi scoppia nel petto, mi sento sola e assente.
La solitudine è calore sulle spalle, l’isolamento è contrattura alla scapola destra.
L’isolamento arriva insieme ai pensieri e allora è un gran casino.
La solitudine è assenza di pensiero, è spazio da non riempire con niente.
La solitudine è un passo da non forzare, l’isolamento è il tempo da cui fuggire di corsa. E più scappo e più arriva.
La solitudine mi parla di mia nonna vecchia che, seduta sulla sedia davanti al camino, s’immergeva nella sua preghiera quotidiana.
L’isolamento racconta dei sospiri di mia mamma in perenne attesa di un miracolo. Non le ho mai chiesto se alla fine fosse arrivato.
Il ponte per passare dall’isolamento alla solitudine per me si chiama Intimità. È un ponte che spesso è interrotto per lavori in corso.
L’assenza di intimità è mancanza di parole per narrarsi al presente ed avere la possibilità di ascoltarsi fino in fondo, per poterlo raccontare anche a qualcun’altro.
L’intimità viene a mancare se si rompe il contatto; tra la parola e i sensi, tra me e me, tra me e gli altri.
La pandemia ha portato in luce queste continue interruzioni di contatto tra presenza e assenza facendomi oscillare tra isolamento e solitudine.
Come un pendolo mi muovo tra un respiro corto e uno lungo.
Quando il corpo pensa all’oscillazione spesso si irrigidisce; illuso dalla stabilità è necessario ricordargli la storia della flessibilità del giunco, che può piegarsi fino a baciare la terra e poi tornare dritto a vibrare nell’aria, in completa intimità con entrambi gli elementi.
8 marzo 2021, giornata internazionale della donna.
“Se fossi in te io mi lascerei sotto un albero o sotto una tettoia mi abbandonerei in riva a un lago e guarderei me andare alla deriva e forse ci soffierei anche sopra come a una foglia sull’acqua e la guarderei andare a fondo se fossi in te in tutte queste morti probabili contemplerei se fossi in te la certezza della mia resurrezione.“
Da ‘Io con vestito leggero’ di #chandraliviacandiani